15/11/2017
Pat Cox
Quando votò il 23 giugno 2016 per abbandonare l’UE, la Gran Bretagna votò per una direzione ma non per una precisa destinazione per quanto riguarda le sue future relazioni con con l’Unione Europea. Per un certo numero di mesi, il mantra «Brexit significa Brexit» coprì ambiguamente un continuum tra soft e hard Brexit. La comprensione di come una positiva ma stretta maggioranza per il divorzio dall’UE si sia trasformata in una posizione di hard Brexit è di pertinenza più della
politica che dell’economia e nessun tentativo di spiegare o comprendere la scelta della hard Brexit può essere compresa senza alcun riferimento al ruolo dei media, specialmente della stampa.
Wolf D. Gruner
Il problema tedesco ha tormentato l’Europa sin dalla metà del XIX secolo. La Germania, il cuore dell’Europa, era ed è ancora oggi il più forte e popoloso paese europeo. Una Germania divisa dopo la Seconda guerra mondiale sembrò risolvere la questione tedesca per sempre. Dopo il 1990 una Germania più grande, unita, ha dovuto integrarsi nel sistema europeo senza disturbarne
l’equilibrio. Ci sarebbe stata un’Europa tedesca o una Germania europea? Dall’inizio del XXI secolo lo Stato centrale dell’Europa, la più forte economia europea, dovette affrontare la crisi finanziaria globale, quella dell’euro e il problema della Grecia.
Maria Grazia Melchionni
Dopo aver analizzato lo stato presente dell’UE e le più rilevanti circostanze esterne, supponendo che si avveri la prospettiva di un’Eurozona stabilizzata e fra non troppo di nuovo forte, l’A. guarda alla possibilità di costruire su di essa, avanguardia dell’UE, quanto è necessario in termini di maggiore integrazione nel campo della difesa. L’Eurozona rappresenta un caso di integrazione differenziata basato sul modello ‘nucleo duro’ (secondo il quale la differenziazione si articola nel tempo, non nello spazio come nel modello ‘geometria variabile’), e opera in senso centripeto rispetto all’UE, piuttosto che centrifugo come altre forme di integrazione differenziata potrebbero fare.
Francesco Carlucci
Potrebbe accadere che un eventuale collasso dell’Eurozona non derivi da una nuova grande crisi finanziaria bensì dall’aumento progressivo della divergenza nella crescita socio-economica dei suoi paesi membri. L’evidenziazione di questa crescente divergenza negli anni 1999-2016, negata dalla Commissione Europea, costituisce l’oggetto della prima parte di questo lavoro, congiuntamente all’illustrazione delle debolezze e dei successi dell’Eurozona. Si passa quindi all’individuazione delle terapie circa l’eliminazione di questa divergenza, che vanno per la maggiore.
Edoardo Chiti
A seguito dell’esplosione della crisi multidimensionale nella quale versa l’Unione Europea, l’Eurozona si è gradualmente modificata: da ‘giurisdizione’, intesa come gruppo di Stati membri dell’Unione soggetti a specifici principi e regole, essa è divenuta ‘organizzazione’, dotata di propri membri, di un proprio diritto e di proprie istituzioni, sia politiche che amministrative. In quanto organizzazione, l’Eurozona si misura con due principali problemi di stabilità. Il primo è la
tensione tra cooperazione e concorrenza che è sottesa alla costruzione giuridica dei rapporti tra la stessa Eurozona e l’Unione Europea.
Giulio Terzi di Sant'Agata
L’articolo focalizza l’attenzione sull’Eurozona come piattaforma geopolitica di lancio per una Cooperazione Permanente e Strutturata (PESCO) nella quale dare priorità alla difesa cibernetica. Un ambiente instabile è diventato il terreno cruciale per attività cibernetiche illegali. L’Unione è l’unica in grado di produrre regole per la prevenzione dei conflitti cibernetici. Nell’estate del 2017 quattro membri europei del G7 hanno svolto un ruolo importante nel negoziato per la Dichiarazione su un comportamento responsabile degli Stati nello spazio cibernetico.
Claudio de Rose
Le frodi ai danni dell’Unione Europea sono crimini di grande rilievo, sia per il pregiudizio finanziario, spesso ingente, arrecato anche agli Stati membri, sia per l’allarme politico e sociale che esse suscitano, soprattutto quando sono attribuibili ad organizzazioni criminali operanti a livello transnazionale e quando si accompagnano alla corruzione di apparati pubblici e ad altri gravi reati. Contro questa inaccettabile realtà è in atto da decenni una lotta, di cui l’articolo
descrive i tratti essenziali, rilevando che l’Unione si è sin qui affidata alle autorità nazionali, affiancandole con propri organismi specializzati, quali OLAF, Eurojust ed Europol. L’affidarsi unicamente agli Stati non ha portato ad una soddisfacente repressione degli illeciti, principalmente a causa della diversità tra gli ordinamenti penali e della gelosa difesa della sovranità statuale in materia penale.